“La luce va seguita senza opporre resistenza. Non potrà che illuminarci.”
Fernanda Vigo, detta Nanda, è un'artista poliedrica che ha spaziato dall'arte, al design e all'architettura. Nasce nel 1936 a Milano e fin dalla tenera età dimostra una forte propensione per l'arte, specialmente quando trascorre del tempo con un artista amico di famiglia, Filippo De Pisis, che l'accompagna alla scoperta delle architetture di Giuseppe Terragni da cui impara ad apprezzare e lavorare la luce. Frequenta il liceo artistico, si laurea all'École polytechnique fédérale di Losanna e svolge un importante stage nello studio di Frank Lloyd Wright a Taliesin West, in Arizona, poi torna nella capitale meneghina, dove apre il proprio studio nel 1959. Da quel momento il tema essenziale della sua arte diventa il conflitto/armonia tra luce e spazio, che l'artista utilizza nel proprio lavoro, anche come architetto o designer, specialmente perché inizia a frequentare lo studio di Lucio Fontana prima e poi si avvicina agli artisti che avevano fondato la galleria Azimut a Milano, Piero Manzoni ed Enrico Castellani. La predilezione per la luce artificiale, spesso vivificata con la presenza di colori elettrici quali il blu, il viola, il rosa, il giallo, andrà di pari passo con l’utilizzo di acciaio, specchi e materiali capaci di prestarsi alle riflessioni della luce e alla sua messa in forma dello spazio.

È un periodo ricco di mostre per Nanda Vigo e questo la porta a viaggiare in tutta Europa, specialmente in Francia, Olanda e Germania, dove si avvicina al movimento ZERO, fondato da Heinz Mack e Otto Piene. Da questo momento, Vigo inizia a progettare la ZERO House di Milano (1959-1962), ovvero una casa con muri in vetro satinato che, attraverso l'uso di luci al neon colorate, altera la percezione dello spazio. Nel 1964 elabora il “Manifesto Cronotopico” in cui descrive la modificazione dello spazio attraverso la luce e il coinvolgimento sensoriale che comporta negli occhi dello spettatore e nel 1965 organizza, nello studio di Fontana, la celebre mostra ZERO avantgarde in cui vengono presentati 28 artisti, fra cui Manzoni, Lo Savio e Otto Piene.

In quegli anni inizia anche un duraturo sodalizio con Gio Ponti, dal 1965 al 1968, che li vede impegnati nella progettazione della Casa sotto la foglia a Malo, in provincia di Vicenza. Questo nasce come progetto speculativo personale di Ponti, il quale lo offrì gratuitamente al cliente che ne avesse finanziato la costruzione e si fece avanti il collezionista d'arte moderna Giobatta Meneguzzo, già conoscente di Nanda Vigo, che la invitò a partecipare, attuando delle modifiche al design originale. La mano della designer si vede soprattutto nella tanto desiderata galleria nel seminterrato, collegata ai piani superiori della casa con una scala a chiocciola centrale rivestita di pelliccia.
Unendo le sue ricerche sui materiali innovativi, oltre che le moquette e gli arredi a pelo lungo, Nanda Vigo realizza una casa seducente dove gli interni assumono i caratteri di un circolo privato, scintillanti e al tempo stesso oscuri: si tratta della Casa Blu (1967-1972) a Milano. La zona living è luogo di conversazione su cui si affacciano la sala da pranzo e la camera da letto padronale, gli spazi sono ben definiti da due file di sedute imbottite Blocco (Driade, 1970) disegnate dall’architetta e le superfici sono ricoperte di smalti lucidi e moquette dal colore blu Klein. Ne risulta un ambiente esotico e vertiginoso, per i continui ribaltamenti e rifrazioni di geometrie sui pannelli specchianti.
Simile, ma non uguale, è la Casa Nera (1970) a Milano, per un altro cliente facoltoso e collezionista d'arte che desidera far fluttuare le opere nella penombra. È di nuovo un progetto di manipolazione della luce, dove viene applicato un sistema di illuminazione ad hoc per ogni singola opera negando l’ingresso della luce naturale dalle finestre schermate da una serie di pannelli scorrevoli in vetro stampato a quadri-onda con effetto fumé e telaio in acciaio.
Contemporaneamente, Vigo viene chiamata per la realizzazione della Casa Museo Remo Brindisi (1971-1973) al Lido di Spina, una perla dell'architettura unita all'arte e al design che è ancora oggi visitabile. L'edificio, immerso nel verde della pineta, è caratterizzato da un grande cilindro centrale che collega diversi piani e gli spazi abitativi, quelli di studio e quelli espositivi, in una continua compenetrazione. La raccolta, nella quale sono inserite anche opere dello stesso Brindisi, comprende circa duemila esemplari e documenta molte delle principali correnti artistiche del Novecento a livello internazionale, con un particolare accento sulla Milano degli anni '50-'70.
Golden Gate Linea Manhattan Osiris Light/Light
Oltre ad essere un'interior designer di successo, negli anni '70 escono i suoi primi pezzi di design legati al mondo dell'illuminazione grazie alla collaborazione con l'azienda Arredoluce: impossibile dimenticare la lampada Golden Gate in acciaio cromato che ha permesso a Vigo di vincere il New York Industrial Design Award nel 1971, ma anche le lampade da terra Linea e Manhattan, tutte assolutamente attuali. Senza abbandonare la verticalità dei propri progetti di design, Nanda Vigo lancia sul mercato anche la lampada Osiris (1973) in lamina di vetro e luce alogena, utilizzata per la prima volta nella produzione industriale. Per tutta la sua carriera non smetterà mai di produrre lampade e nel 2001 vince il Compasso D’oro per le mensole Light/Light per l'azienda Glas, realizzate incollando lastre di cristallo temperato opaco di colore bianco, con all’interno un impianto di luce a Led con o senza dimmer.
Blok e Sedia Wright/Wright TOP Due più H&S H&S
Oltre all'illuminazione, la sua attività di designer comprende diverse collaborazioni anche con le principali aziende italiane di arredo, tra cui Acerbis e Driade. Un esempio sono sicuramente i tavoli Blok (1972) in cristallo specchiato per la base e ripiano in cristallo per Acerbis e il tavolo Essential per Driade (1971) sempre in cristallo, ma contornato e sorretto da alluminio anodizzato, abbinato perfettamente alle sedie Wright/Wright degli stessi anni. Famosi sono anche la linea di arredi TOP (1970) che utilizza nei progetti di case monocolore e la sedia Due Più (1971) con il suo rivestimento in pelo lungo. Più recente è la collezione Hard & Soft (2019) concepita per lo spazio espositivo di Luca Preti a Milano in occasione del Fuorisalone, dove ritroviamo molti degli elementi che hanno caratterizzato tutto il suo lavoro di designer: luce blu, alluminio e pelo lungo che ammorbidisce.

Se l’opera di Nanda Vigo ha sempre trovato numerose occasioni di visibilità nelle tante mostre tenutesi in Italia e all’estero, sono infatti oltre 400 le esposizioni, inclusa la partecipazione alla Biennale del 1982, è negli ultimi anni che numerosi musei internazionali, dal Guggenheim di New York, al MAMM Museum di Mosca, al K11 Museum di Shanghai, al Vitra Design Museum, si sono mossi nella riscoperta del suo lavoro in sessant'anni di carriera, culminando con la grande retrospettiva “Nanda Vigo. Light Project” tenutasi nel 2019 a Palazzo Reale a Milano, poco prima della morte dell'artista.
Non era facile farsi notare in un mondo prettamente maschile come lo era quello dell'architettura dei tempi, ma noi non possiamo che ammirare lo spirito di Nanda Vigo e la sua creatività che, nonostante tutto, è diventata famosa in tutto il mondo.